Compenso mensile di almeno 1.298 euro per avere un mese di contributi utili alla pensione per gli iscritti alla Gestione separata Inps. Oppure versamento minimo di 4.940,71 euro per avere un anno di contributi utili alla pensione. Da gennaio, è salito il minimale di accredito Inps: il lavoratore che non riesca a guadagnare 15.576 euro per un anno di lavoro (ossia 1.298 euro mensili), infatti, rischia di lavorare un anno intero ma di trovarsi accreditato all’Inps una «anzianità» contributiva per la pensione inferiore. L’alterativa è guadagnare tanto, anche in un solo mese, così da versare almeno 4.941 euro all’Inps e assicurarsi un anno di contributi per la pensione. E anche in tal caso la batosta non manca, per via dell’innalzamento dell’aliquota di contribuzione. Fatta eccezione per i «professionisti senza cassa» (che l’hanno spuntata ancora una volta sull’Inps, ottenendo l’esonero dell’aumento nella legge di Stabilità), per tutti gli altri iscritti alla Gestione separata l’aliquota contributiva è salita dell’1% portandosi al 31,72%.
Le partite Iva. I professionisti senza cassa la spuntano ancora sull’Inps. Infatti, anche per quest’anno, il 2016, come già successo nel 2014 e 2015, non subiscono incremento dell’aliquota contributiva che pagano alla Gestione separata Inps. A stabilirlo è la legge Stabilità per il 2016, che conferma per il 2016 la stessa aliquota del 27% del biennio 2014/2015. Sono interessati freelance, consulenti aziendali, terapisti della riabilitazione, tecnici informatici ecc.; figure, cioè, di tante e diverse categorie di professionisti con Partita Iva che, non avendo una Cassa di previdenza professionale alla quale fare riferimento, sono obbligati a iscriversi e a contribuire alla Gestione separata dell’Inps. Dunque, diversamente dagli altri lavoratori obbligati alla Gestione separata (collaboratori, associati ecc.) per i quali l’aliquota contributiva è salita in questi anni e sale di un punto percentuale anche quest’anno (31,72%), i professionisti senza cassa continuano a non subire aumenti contributivi.
Il mancato incremento contributivo interessa, nello specifico, solo la categoria dei lavoratori «esclusivi» (o «scoperti), quelli cioè che non svolgono altra attività di lavoro per la quale già versano dei contributi previdenziali (per esempio come succede per i dipendenti, commercianti, artigiani, ecc.) e che non sono neppure già pensionati. In sintesi, questi professionisti: per l’anno 2016 pagano ancora l’aliquota del 27,72% (la stessa misura dell’anno 2014 e del 2015), cioè il 27% destinato alla pensione più lo 0,72% destinato a finanziare le altre tutele, quali la malattia, la maternità e gli assegni familiari; per l’anno 2017, poi, dovrebbero pagare l’aliquota del 29,72%; a partire dall’anno 2018 dovrebbero pagare l’aliquota del 33,72%, la stessa degli altri iscritti alla Gestione separata e in tal caso l’aumento potrebbe essere di ben 4 punti percentuali (ma la scadenza è lontana e c’è tempo per un ripensamento).
Aumento dell’1%. Nessuna novità per gli altri lavoratori. In base a quanto programmato nel passato:
a) i lavoratori «esclusivi», per i quali dal 1° gennaio 2015 l’aliquota contributiva è già salita di 2 punti percentuali portandosi al 30,72% (30% destinato alla pensione e l’ulteriore 0,72% alle tutele di malattia, maternità e assegni familiari), dal 1° gennaio 2016 devono pagare il 31,72% con un incremento dell’aliquota contributiva, quindi, dell’1% tutto destinato alla pensione;
b) i lavoratori non «esclusivi», per i quali dal 1° gennaio 2015 l’aliquota contributiva è già salita di un punto e mezzo percentuale portandosi al 23,50% (destinato tutto alla pensione), dal 1° gennaio 2016 devono pagare il 24% con un ulteriore incremento dell’aliquota contributiva, quindi, di mezzo punto percentuale tutto destinato alla pensione.
La ripartizione dell’onere. Resta confermato che l’onere contributivo sia sostenuto non solo dal collaboratore, ma anche dal committente. In particolare, per le collaborazioni coordinate e continuative pure e per i venditori porta a porta, sia abituali sia occasionali, è prevista la ripartizione del contributo in misura pari a 1/3 a carico del collaboratore e di 2/3 a carico del committente, che è obbligato ai versamenti.
Fa eccezione il rapporto di associazione in partecipazione, per il quale è previsto invece che il contributo sia ripartito nella misura del 55 per cento a carico dell’associante e del 45 per cento a carico dell’associato. E fanno eccezione anche i lavoratori autonomi/professionisti titolari di partita Iva i quali, infatti, applicano una rivalsa in fattura, a carico del cliente, del 4% caricandosi di tutto il resto dell’onere contributivo (e sono loro stessi obbligati a effettuare i versamenti).
Il compenso minimo. Per l’anno 2016, l’importo minimo di contributi che il lavoratore iscritto alla Gestione separata deve pagare per avere un anno o un mese di «accredito contributivo» sale rispettivamente a:
- euro 4.317,67 (4.205,52 ai fini pensionistici) se paga l’aliquota del 27,72% (professionisti senza cassa);
- euro 4.940,71 (4.828,56 euro ai fini pensionistici) se paga l’aliquota del 31,72%;
- euro 3.738,24 (tutto a fini pensionistici) se paga l’aliquota del 24%.
Ciò significa che l’Inps, in presenza di un versamento di contributi per l’anno 2016 pari almeno a quei limiti (4.318 euro ovvero 3.941 euro ovvero 3738 euro) accrediterà un anno intero di contributi; mentre in presenza di un versamento di contributi inferiore alle predette soglie accrediterà tanti mesi quante volte l’importo minimo mensile (359,81 euro ovvero 411,73 euro ovvero 311,52 euro) entra nell’importo di contributi versati.
Tradotto in termini di compensi, per raggiungere il versamento minimo che permette di ottenere un anno di accredito di contributi, nel 2016 il lavoratore dovrà guadagnare almeno 15.576 euro ossia 1.298 euro mensili. In base a questo meccanismo, il collaboratore che guadagna la metà, ossia 650 euro al mese (7.800 euro l’anno), dovrà lavorare due anni per avere dall’Inps il riconoscimento di un anno di contributi utili ai fini della pensione e di ogni altra prestazione cui sia richiesto un requisito di contribuzione (per esempio l’una tantum in caso di disoccupazione).
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