Di Paola Valentini
Si avvia al termine la corsa al ribasso del petrolio? Se lo chiede Neil Dwane, Global Strategist e Chief Investent Officer Equity Europe di Allianz Global Investors. «Continua a scendere più per notizie allarmistiche sull’eccesso di offerta e il ritorno dell’Iran che per motivi concreti».
Dwane sottolinea che l’industria è in gravi difficoltà in Nigeria, Venezuela, Brasile e Messico. Lo shale Usa è sì più resistente del previsto, ma i nuovi pozzi sono pochi, e la delicata esposizione delle banche al settore fa ritenere difficile un’ulteriore espansione dei finanziamenti. Di conseguenza «l’offerta globale è vicina ai massimi, mentre la domanda si mantiene invariata». Senza dimenticare che le posizioni corte sono a livelli record e i trader liquidano le azioni del settore. Ulteriori investimenti in capitale fisso, e gli stessi attuali livelli di produzione, non sembrano sostenibili ai prezzi attuali. Tra l’altro per Dwane «la Cina non sarà un fattore positivo almeno fino al secondo semestre». Inoltre, la situazione geopolitica in Medioriente resta tesa. Il rischio di uno shock dell’offerta è quindi molto alto, ma del tutto ignorato dai mercati.
Intanto «la Fed ha alimentato l’incertezza sui tassi nel 2016, come dimostra la notevole differenza tra le previsioni dei membri dell’istituto e quelle implicite nei mercati dei future. In ogni caso, in vista di ulteriori rialzi dei tassi, il dollaro Usa resta forte come l’oro, sostenuto dalla corsa ai beni rifugio degli investitori avversi al rischio, che frenerà sempre più economie emergenti, commodity e debito non Usa in dollari. Altro motivo di preoccupazione è la possibile carenza di valuta americana nei sistemi bancari asiatici ed europei, che hanno erogato molti finanziamenti in dollari a Paesi emergenti, società commerciali, produttori di materie prime e operatori cinesi. «Nonostante i Qe in Europa e Giappone, il mondo ha bisogno di dollari in un momento in cui la Fed ha aumentato i tassi sui Fed Funds. E non sarà facile convincere la Fed a cambiare rotta subito dopo il primo rialzo dei tassi. Il gestore fa anche il punto sulle prospettive degli utili societari dato che la pubblicazione dei bilanci ha appena preso il via in tutto il mondo, destando grande interesse. «Gli utili delle aziende americane risentono della forza della valuta, ma beneficiano delle ingenti operazioni di buyback; l’Europa sembra godere di buona salute, se si esclude l’ampia esposizione all’industria petrolifera e mineraria. L’Asia invece attraversa un periodo di debolezza in quanto il settore manifatturiero soffre di forti pressioni sui prezzi, di un eccesso di scorte e di un rallentamento della domanda di tecnologie di consumo». Per Dwane le previsioni di utili riflettono un grande ottimismo e saranno inevitabilmente riviste al ribasso, data la debolezza economica e il calo della fiducia sui mercati; Dwane afferma anche che «una maggiore avversione al rischio potrebbe ripercuotersi sui mercati dei bond corporate ed emergenti, in quanto gli investitori potrebbero essere più propensi al fly to quality e quindi società dai bilanci più solidi e più capitalizzate. In sostanza le valutazioni azionarie dovranno adeguarsi a utili più bassi, volatilità dei cambi e superamento del vecchio modello economico cinese. Ma ci sono ancora opportunità di crescita nei nuovi mercati e nelle nuove tecnologie. (riproduzione riservata)