Conferimento dell’incarico elastico per la procedura di voluntary disclosure e per i rapporti con gli obblighi antiriciclaggio. A seconda che il concetto di consulenza prodromica all’incarico si limiti a sporadiche informazioni sulla legge del rientro dei capitali o si dilati ricomprendendo un vero e proprio preventivo dell’accesso alla collaborazione volontaria, lo scenario, per il professionista e per il cliente, ai fini antiriciclaggio, cambia e non di poco.
E non solo. Secondo gli esperti, interpellati da ItaliaOggi, non è del tutto pacifica l’ampiezza da dare all’esenzione tracciata dalla Faq del ministero dell’economia in tema di rapporti tra antiriciclaggio e voluntary disclosure. Una risposta ufficiale che avrebbe dovuto mitigare la rigidità della circolare sul mantenimento dei presidi antiriciclaggio ma che in realtà ha continuato a suscitare perplessità e mal di pancia nei professionisti che hanno a che fare in queste settimane con le richieste di rimpatrio. Tanto che lo spauracchio antiriciclaggio sta facendo diventare la consulenza per la voluntary disclosure un vero e proprio far west, con professionisti che pur di fornire preventivi, calcoli e costi di convenienza ai clienti, mettendoli al riparto da segnalazioni di operazioni sospette, aprono «uffici di corrispondenza» a Monaco o in Svizzera dove le informazioni ricevute e fornite non rientrano sotto la giurisdizione italiana della normativa antiriciclaggio della legge 231/2007.
Per Antonio Damascelli, coordinatore del gruppo antiriciclaggio del consiglio nazionale forense, non si presentano particolari problemi interpretativi: «L’esame della posizione giuridica di per sé non comporta un obbligo di segnalazione antiriciclaggio, inoltre bisogna porre attenzione se l’informazione sui costi attenga il compenso del professionista e non i calcoli della procedura». Per il consigliere del Cnf infatti una cosa sono le informazioni sul costo della causa (e in questo caso la procedura di voluntary intesa come assistenza al cliente) e un altro discorso è il conto del rientro «qui si rientra nel campo della liquidazione di imposta e in questo caso il conteggio è subordinato al conferimento dell’incarico con tutti gli obblighi che ne discendono».
Perplessità arrivano da Attilio Liga, consigliere con delega antiriciclaggio del consiglio nazionale dei dottori commercialisti: «La nuova interpretazione del ministero dell’economia crea una zona grigia, quella della consulenza ante incarico, in relazione alla quale permangono molte perplessità. Era preferibile». Ribadisce il consigliere dei dottori commercialisti «che fosse riproposta la norma di esenzione prevista dallo scudo fiscale. Ad ogni modo restiamo in attesa di un provvedimento che definisca più chiaramente la nostra posizione e siamo fiduciosi che arrivi presto».
In buona sostanza fino a quando non c’è incarico conferito il professionista può anche venire a conoscenza di reati per cui non sarà fatta la voluntary disclosure e visto che non diventerà cliente paradossalmente il professionista non ha l’obbligo di segnalare nulla. Posizione di approccio pratico è quella di Fabrizio Vedana, vicedirettore generale di Unionefiduciaria: «In attesa di eventuali chiarimenti ulteriori, ogni intermediario dovrà definire delle specifiche procedure operative che consentano di rendere il più possibile oggettivo l’adempimento degli obblighi antiriciclaggio in particolare per quanto riguarda la segnalazione di operazioni sospette». Nella Faq il ministero ha infatti riconosciuto che se il professionista si limita alla valutazione circa l’opportunità di accedere o meno alla collaborazione volontaria non sussistono obblighi antiriciclaggio se non segue il conferimento dell’incarico. Ma per una valutazione seppur minima comunque il professionista sarà messo in condizione di conoscere elementi anche numerici appartenenti alla posizione del potenziale cliente altrimenti si rischia davvero di limitare questa consulenza all’enunciazione dei principi generali contenuti nella legge 186/2014, quella sulla collaborazione volontaria.