Dopo un periodo di disordine politico e sociale, l’attività economica si è intensificata nella regione del Medio Oriente e del Nord Africa. La crescita dovrebbe stabilizzarsi a 2,6% nel 2014 e accelerare per poi raggiungere il 3,2% nel 2015, grazie alla ripresa economica mondiale e ai segni premonitori di consenso politico in alcuni paesi della regione. Tuttavia, le performance di crescita continueranno a mantenersi intorno al 5,4%, media registrata durante il periodo 2000-2010. I paesi del CCG dovrebbero registrare una crescita del 4,2% nel 2014 e del 4,1% nel 2015, posizionandosi così al primo posto in termini di crescita economica nella regione grazie ad attività solide a scapito degli idrocarburi e di significative eccedenze di bilancio. Le politiche di
diversificazione hanno permesso alla regione CCG di sostenere i settori, esclusi quelli degli idrocarburi. Nei paesi CCG, il contributo del settore degli idrocarburi al PIL è globalmente diminuito passando dal 41% nel 2000 al 33% nel 2014. Questi paesi traggono vantaggio anche da fondamentali finanziari solidi, e soprattutto da attivi importanti in termini di fondi sovrani e di surplus esterni. Tuttavia, il forte calo dei prezzi del petrolio dovrebbe pesare sulle performance di crescita e i saldi di bilancio nel 2015.
Per quanto riguarda i paesi importatori di petrolio (Egitto, Giordania, Libano, Marocco, Tunisia) la ripresa del turismo, il ritorno della fiducia degli investitori e il rilancio delle esportazioni, sostenuti dalla ripresa dei paesi europei, dovrebbero contribuire positivamente alle performance di crescita. Del resto, numerosi paesi importatori di petrolio hanno annunciato piani di rilancio per sostenere l’attività economica a seguito dei disordini sociali. La crescita dei paesi importatori di petrolio è prevista intorno al 2,5% nel 2014 e al 3,4% nel 2015. Questi paesi che tuttora risentono di tassi di disoccupazione, disavanzi di partite correnti e di bilancio elevati. I livelli del debito pubblico anche. Comunque, la situazione dovrebbe migliorare a favore della ripresa dell’attività economica e delle riforme come incentivo.
Al contrario, l’instabilità regionale pesa sulle performance economiche di alcuni paesi come Iraq e Libia.
“La differenza tra i paesi esportatori e importatori di petrolio persiste e i tassi di crescita reale rimangono al di sotto della media del 2000-2010 per entrambi i gruppi. Ciononostante la maggior parte dei paesi del CCG ha potuto allontanarsi dalle tensioni politiche continuando ad attrarre investimenti esteri e registrare tassi di crescita solidi. Questi paesi investono molto nei settori non petroliferi allo scopo di trasformare le proprie economie. Ciò riduce anche la loro vulnerabilità di fronte al rischio di crollo dei prezzi dell’energia. Di conseguenza, le valutazioni sul contesto imprenditoriale di Coface sono più ottimiste in questi paesi. Ma ci sono ancora alcune sfide da mettere in conto in merito all’imminente peggioramento dei saldi di bilancio legati al calo dei prezzi del petrolio, alla complessità della burocrazia e al miglioramento della trasparenza. L’impatto della crisi sociale e politica è stata più marcata nei paesi importatori di petrolio. Questi continuano a risentire delle incertezze politiche, dell’alto livello di disoccupazione e del debito pubblico, un forte disavanzo delle partite correnti e squilibri di bilancio. Tuttavia stanno facendo alcuni progressi in termini di riforme strutturali al fine di ottimizzare la performance fiscale, le condizioni del mercato del lavoro e il contesto imprenditoriale. La Tunisia e il Marocco dovrebbero registrare performance economiche migliori grazie alla ripresa economica in Europa” ha dichiarato Seltem IYIGUN, Economista di Coface per la regione Medio Oriente e Nord Africa.
Settore degli idrocarburi: la forza regionale esposta alla volatilità dei prezzi, peso delle tensioni regionali
Le economie dei paesi CCG sono basate sulla produzione di petrolio e possiedono le riserve più importanti accertate nel mondo. Le riserve di Kuwait, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti rappresentavano nel 2013 il 41% circa delle riserve di greggio constatate dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC). Questo settore è la fonte principale per i paesi del CCG in termini di esportazioni ed entrate di bilancio. Le entrate provenienti dagli idrocarburi permettono anche di finanziare lo sviluppo di altre industrie. Il crollo dei prezzi del petrolio potrebbe comportare un calo delle entrate da esportazione e di budget. Potrebbe influire sulla fiducia degli investitori per alcuni progetti a causa della pressione sui margini di profitto delle imprese e portare così a ritardi o cancellazioni. Inoltre, tale fenomeno potrebbe rendere difficile tutti gli incrementi di spese sociali e di investimento e di conseguenza pesare sull’evoluzione della crescita.
Settore tessile: la ripresa dopo l’instabilità
Il tessile e l’abbigliamento fanno parte dei settori di attività tradizionali dei paesi nordafricani e occupano un posto importante in termini di occupazione e produzione industriale. In Marocco, il settore tessile è il più grande fornitore di manodopera industriale (40% del totale). Il settore rappresenta il 10% del PIL e il 20% delle esportazioni. In Tunisia, il settore tessile e dell’abbigliamento è il secondo settore esportatore tra le industrie manifatturiere e conta per il 19% delle esportazioni totali del paese. Nel primo trimestre 2014 il settore forniva il 7% dell’occupazione totale. La concentrazione delle esportazioni di prodotti tessili nei paesi europei, il potere di negoziazione dei clienti sui produttori, l’accesso limitato ai finanziamenti e l’instabilità politica costituiscono i principali rischi per questo settore.