L’abnormità del comportamento si predica in presenza dell’imprevedibilità della condotta tenuta dal lavoratore; imprevedibilità che non può mai ritenersi – e non è mai ritenuta -quando la condotta del lavoratore è tenuta nell’espletamento, sia pure imperito, imprudente o negligente, delle mansioni assegnategli.
E ciò perché la prevedibilità di uno scostamento del lavoratore dagli standard di piena prudenza, diligenza e perizia è ordinariamente presente, perché quello scostamento è evenienza immanente nella stessa organizzazione del lavoro. Ciò non può significare l’avallo di un qualche automatismo, che porti a svuotare di reale incidenza la categoria del comportamento abnorme.
Piuttosto, simili precisazioni conducono ad evidenziare la necessità che vengano portate alla luce quelle circostanze peculiari – interne o esterne al processo di lavoro – che connotano la condotta dell’infortunato in modo che, per dirla con la più recente ricostruzione, “essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso.
Tale comportamento è interruttivo non perché eccezionale ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza del 15 ottobre 2014, n. 43168