di Anna Messia
In testa alla classifica dei rischi delle imprese per il 2015, un po’ in tutto il mondo, quest’anno c’è l’interruzione del business e della supply chain (la catena di fornitura). Un dato che vale anche per l’Italia, dove questo pericolo viene rilevato dal 69% degli intervistati, con un incremento consistente rispetto allo scorso anno (39%) insieme però ad altri dati allarmanti, specifici della Penisola, come emerge dal quarto Barometro dei Rischi 2015 di Allianz , il consueto sondaggio condotto tra oltre 500 risk manager e dirigenti dal colosso assicurativo tedesco tra le multinazionali di 47 Paesi. In Italia la seconda fonte di preoccupazione sono le catastrofi naturali (44% degli intervistati), seguite subito dopo da possibili danni legati alla stagnazione e al declino. Una minaccia da tenere in conto secondo un intervistato su quattro (25%). Un dato che resta decisamente elevato, sebbene in calo rispetto al 2014 (quando era addirittura del 58%) e soprattutto ben più alto di altri mercati. In Germania, per esempio, i rischi legati a possibili conseguenze di un acuirsi della crisi sono decisamente più bassi agli occhi dei manager (15%), così come in Francia (15%) o in Gran Bretagna (13%). In Spagna, addirittura, questo rischio è fuori dalla top ten, anche se al secondo posto (38%) viene rilevato il pericolo di un intensificarsi della competizione. «Per il terzo anno consecutivo emergono differenze tra le varie aree geografiche», sottolineano da Allianz . «Per esempio il rischio informatico è salito molto nella top ten in Medio Oriente, Africa e Americhe, ma non appare tra i primi 10 rischi in Asia Pacifico, il che fa pensare che molte aziende non comprendano la gravità di questo rischio». Un dato che sembra caratterizzare anche il mercato italiano, visto che i rischi informatici non rientrano nella classifica della top ten del Paese, a differenza della Germania, dove si piazzano al secondo posto (32%), degli Stati Uniti (in terza posizione, con il 26%) o della Spagna (14%). «La crescente interdipendenza di molti settori e processi significa che adesso le aziende sono esposte a un numero crescente di situazioni di crisi. Gli effetti negativi possono moltiplicarsi rapidamente e un rischio può provocarne molti altri», afferma Chris Fischer Hirs, ceo di Allianz Global Corporate & Specialty (Agcs). In aumento generalizzato anche i rischi politici con le perturbazioni sociali che sono sempre di più un problema per le aziende e sono salite di nove posizioni, al nono posto, rispetto al sondaggio dello scorso anno. Al primo posto, come detto, resta però il rischio di interruzione del business che rimane un gap da colmare in molti programmi di gestione del rischio. Molte aziende non sono pronte a utilizzare fornitori alternativi e servirebbe maggiore collaborazione tra diverse aree per sviluppare processi utili a identificare punti di rottura della supply chain. Ma anche le aziende italiane farebbero bene a non sottovalutare il rischio informatico. «Il numero crescente e sempre più sofisticato di minacce informatiche fa sì che sia impossibile, per qualsiasi organizzazione, garantire una protezione completa dal cyber-risk», sottolinea Giorgio Bidoli, ceo di Agcs in Italia. (riproduzione riservata)