di Anna Messia
Dalle recenti, repentine fluttuazioni del tasso di cambio tra il franco svizzero e l’euro Generali non si attende alcuna ricaduta sul dossier (ancora aperto) per la vendita di Bsi. Perché a luglio scorso, quando la compagnia assicurativa di Trieste firmò l’accordo con Btg Pactual per la cessione dell’intero capitale della Banca Svizzera Italiana. per un controvalore di 1,5 miliardi di franchi, decise di coprirsi interamente dal rischio valutario, fissando l’incasso per il gruppo a 1,24 miliardi di euro.
Quel prezzo però, come noto, è ancora soggetto a possibili fluttuazioni per altre ragioni, legate in particolare all’adesione di Bsi al Tax Amnesty Programme del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. La banca ceduta da Generali rientra infatti tra gli oltre 100 istituti attivi in Svizzera che hanno deciso di chiedere alle autorità americane un accordo di non prosecution agreement, ovvero di non persecuzione penale, pur riconoscendo di aver violato le leggi americane amministrando denaro di clienti non dichiarati al fisco Usa. Banche che, a breve, dovranno presumibilmente pagare una multa determinata dalle autorità Usa in proporzione al patrimonio della clientela soggetta al fisco americano. In verità in Svizzera la partita si sarebbe fatta più complicata perché un gruppetto di tali banche avrebbe deciso di respingere un nuovo modello di non persecution agreement, considerato eccessivamente vincolante perché avrebbe richiesto agli istituti, anche in futuro, tutti i documenti richiesti dalla giustizia americana.
Ma Generali non è tra queste e la decisione sulla chiusura della vertenza fiscale del gruppo italiano con gli Usa sembra ormai imminente, con la pronuncia del dipartimento di giustizia americano attesa per febbraio o marzo.
Sull’entità della possibile multa il colosso assicurativo italiano guidato da Mario Greco non ha mai fatto previsioni, specificando anzi nell’ultimo bilancio semestrale che «la stima non risulta quantificabile» perché tra i diversi fattori d’incertezza c’è anche l’attesa conferma «da parte delle autorità americane circa l’applicazione o meno di elementi di mitigazione di tale onere».
Insomma sul tavolo della trattativa con le autorità Usa ci potrebbero essere possibili attenuanti, ma ormai la partita sembra in dirittura d’arrivo. Già a novembre scorso il cfo di Generali, Alberto Minali, aveva fatto sapere di aver inviato tutti i documenti richiesti al Dipartimento di Giustizia americano e si era detto fiducioso di poter pagare la multa nel primo trimestre 2015.
Bsi è un capitolo importante del piano dismissioni non più core da parte di Generali che finora ha comportato una svalutazione di 113 milioni, consentendo però un miglioramento del 9% circa del Solvency I. (riproduzione riservata)