Paolo Possamai
«S iamo il gruppo postale più redditizio a livello europeo». Parole di Massimo Sarmi, a margine dell’annunciato processo di privatizzazione, spese in una orgogliosa intervista sul Financial Times. Lo diceva esattamente sei anni fa, correva il 3 gennaio 2008, quando il governo voleva quotare in Borsa solo Banco Posta o Poste Vita, non tutto il gruppo come è prevalso in queste ultime settimane e come da sempre voleva l’amministratore delegato. In effetti il gruppo è composto da tanti pezzi, all’apparenza incongrui ma in realtà integrati tra loro e proprio questa integrazione è il cuore della ricetta che – tale è la scommessa di Sarmi – consentirà di spuntare un valore più elevato e favorire ulteriori importanti scenari di sviluppo. V ale a dire che le Poste valgono più dei 10 miliardi di cui tutti parlano e che ci sono tante acquisizioni possibili per crescere ancora su base internazionale. «In Italia siamo conosciuti di meno che a livello internazionale, dove siamo ritenuti una eccellenza», osservava Sarmi un mese fa, a Trieste a margine del summit Italia/Russia in cui aveva stretto l’ennesima partnership a carattere internazionale. E aggiungeva: «Abbiamo un modello di servizi più vicini a quelli di Google o Amazon, piuttosto che agli operatori tradizionali di posta». Ci sono ancora tanti elementi da mettere in chiaro. La misura del capitale in cessione (che sarà tra il 30 e il 40%). La misura della presenza dei dipendenti
nel libro soci (tra 5 e 10%). La componente degli investitori istituzionali e della platea retail. Aspetti che saranno chiari entro sei mesi, dopo di che andrà colta la finestra di mercato più favorevole. Ma dentro all’itinerario, che condurrà infine a formulare una valutazione dell’azienda, ci sta pure un negoziato con il governo Letta. Negoziato appena alle battute iniziali, che attiene al contratto di servizio e al quadro regolatorio complessivo, come è avvenuto a Londra per la privatizzazione di Royal Mail. Il top manager lo ha detto chiaramente agli esponenti di governo che ha incontrato la settimana scorsa a Palazzo Chigi: il valore di Poste Italiane, e dunque l’entità dell’incasso per il Tesoro, dipende dai contenuti del contratto di programma per il servizio universale e dalle condizioni della raccolta del risparmio effettuata per conto di Cassa Depositi e Prestiti. Facciamo un esempio? Il contratto di servizio attuale stabilisce che Poste deve recapitare la posta prioritaria entro un giorno su tutto il territorio nazionale, isole e isolotti compresi. Poste ha acquistato la compagnia aerea Mistral anche per questo. Se il vincolo passasse da uno a due giorni, ne beneficerebbero assai i costi per il gruppo. I macro-indicatori del bilancio 2013 sono ancora in via di definizione, ma l’andamento della gestione operativa è allineata al 2012, con un marcato calo dei ricavi relativi alla corrispondenza tradizionale (-10% nell’ultimo biennio, ossia circa 300 milioni di euro in meno), ma bilanciato dai pacchi (+15%), dai servizi finanziari, da una forte crescita dei servizi assicurativi. Sono in fase di valutazione gli effetti fiscali della Legge di stabilità su Poste Vita, i cui utili saranno di sicuro drenati e altrettanto avverrà per Banca del Mezzogiorno. Il risultato netto finale di gruppo del 2013 risulta allineato all’anno precedente al netto delle componenti fiscali aggiuntive emerse un mese fa. A dispetto del fatto che vi lavorano all’incirca 300 persone, Poste Vita è diventato in pochi anni leader di mercato arrivando a gestire riserve tecniche per oltre 60 miliardi di euro e sviluppando un volume di nuova raccolta superiore ai 12 miliardi di euro. Nel 2012 la compagnia era al primo posto nel segmento Vita e al terzo posto nella classifica dei Gruppi Assicurativi nei rami vita e danni. Risultati impensabili, con 300 persone dedicate. Ma il punto è che Poste Vita è solo una fabbrica prodotto e sta dentro a un gruppo che si occupa della raccolta, dove lavorano 145mila dipendenti. E dentro al gruppo ogni singolo tassello opera in una logica integrata con gli altri. «Osmosi di funzioni da una parte all’altra dell’azienda», dice in para-sindacalese Sarmi, per cui circa 5mila persone in precedenza impiegate nei servizi di recapito sono state ricollocate in azienda, senza esuberi e senza particolari tensioni. Il gruppo ha cambiato pelle, ossia si è andato adattando alle condizioni del mercato e ha sviluppato servizi semplicemente impensabili fino solo a qualche anno fa. E casi di successo come PosteMobile con i suoi 3 milioni i clienti. Accanto ai servizi assicurativi, un altro mestiere fondamentale ha a che fare con il credito. Il dato più recente relativo allo stock della raccolta del risparmio postale, datato al 30 novembre 2013, consiste in circa 317 miliardi. Dati ancora in fase di elaborazione. Ma andando all’ultimo stepconsolidato, ossia la chiusura del primo semestre 2013, emergono l’ottimo andamento dei libretti di risparmio (arrivati a uno stock di oltre 102,6 miliardi, +4% sul 2012) e il lieve arretramento dei Buoni fruttiferi (alla soglia di 211,2 miliardi, in calo dell’1% sul precedente esercizio). Tant’è che già nella citata intervista a FT di sei anni fa Sarmi rivendicava il primato di Banco Posta tra gli istituti retail in Italia e FT dava atto della mutazione, «sebbene l’Italia non sia esattamente conosciuta per non aver mai perso una lettera e i suoi uffici postali siano noti per le file». Il piano industriale consegnato nel settembre scorso da Poste all’azionista, ossia al ministro del Tesoro, era ancora nel segno della crescita. Ma dovrà subire integrazioni e modifiche, perché la privatizzazione implica un cambio dei target. La parola d’ordine è: accelerare il cambiamento. «Il business tradizionale diminuisce così rapidamente che costringe a cercare nuove opportunità di business», è solito sottolineare Sarmi. Dall’accelerazione discende la possibilità di spuntare una valorizzazione superiore ai 9,7 miliardi stimati per tutto il gruppo da Deutsche Bank su incarico del ministero del Tesoro nel 2010, in occasione dello swap delle partecipazioni con Cdp. La congruità di tale stima venne poi successivamente attestata da Goldman Sachs, advisor di Cdp nell’operazione. Ma Sarmi pare persuaso che il mercato potrebbe premiare la strada compiuta da allora e, non di meno, le potenzialità di sviluppo e di redditività ancora da esprimere. Basti ricordare che la posizione finanziaria è alla soglia zero, dunque il gruppo è in grado di sviluppare progetti nuovi o acquisizioni. Tra i progetti in coltivazione, è possibile citare per esempio il prossimo lancio di un operatore virtuale di telefonia in Brasile o la realizzazione di una fabbrica di posta ibrida in Russia. Che il mercato offra credito e opportunità di acquisizioni per Poste, è emerso tra l’altro nel road show della scorsa primavera, quando il bond da 750 milioni ha riscontrato una domanda pari a 6 volte l’offerta. Un prestito obbligazionario che nasceva da una serie di fattori: Poste vanta importanti crediti verso lo Stato e non ha sempre certezza sulle effettive disponibilità di cassa; si era estinto un bond precedente di durata decennale; il costo dell’approvvigionamento era contenuto in 15 punti base sopra il Btp; un indebitamento lordo che costa il 3,25% a lungo termine è del tutto coerente. Ma nel road show sono emerse anche tante domande fastidiose: quanto vi remunera lo Stato per i singoli servizi che rendete? I costi per il servizio universale consistono in 700 milioni, lo Stato paga meno della metà. Perché vi paga sempre in ritardo? Quanto valgono le penali rispetto ai ritardi di pagamento dello Stato? E poi soprattutto: a quanto ammonta il credito verso lo Stato? Oltre un miliardo e mezzo. Rimane un ultimo capitolo, ed è un capitolo a parte, nella storia del gruppo, che adesso ha messo pure le ali. Parliamo dell’ingresso di Poste in Alitalia. Sarmi confida che l’intesa con Etihad sia in arrivo, lo vede con favore anche perché la compagnia medioorientale può portare flussi di traffico verso l’Italia. Difende l’operazione dal punto di vista industriale e intanto fa la sua parte sul campo e non solo da azionista. E dunque sta chiudendo contratti di fornitura cospicui per potenziare il nuovo data center di Torino, dove in logica cloud avverrà tutta la gestione informatica di Alitalia. E sta preparando offerte commerciali integrate per i clienti di Alitalia e per quelli di Poste, con vantaggio incrociato. Alitalia e Mistral sarebbero integrabili. Poste potrebbe usare l’ex compagnia di bandiera per i propri trasporti cargo. Ma potrebbe anche avvenire l’inverso: per esempio oggi gli aerei di Mistral, dopo avere consegnato la posta a Catania, ripartono al mattino vuoti verso Roma e a questo punto potrebbero invece essere pieni di passeggeri. I risultati di bilancio delle Poste Italiane: nel bilancio 2013 l’utile dovrebbe essere di pochissimo inferiore a quello 2012 L’amministratore delegato di Poste Italiane, Masssimo Sarmi Il 30-40 per cento del capitale dovrebbe andare sul mercato