di Paola Valentini
L’operazione di rientro dei capitali illegalmente detenuti all’estero dagli italiani in cambio di uno sconto sulle sanzioni ha, secondo gli addetti ai lavori, tutte le carte in regola per avere successo. Perché questa volta, a differenza dei tre scudi degli anni 2000, la lotta ai paradisi fiscali ingaggiata a livello internazionale renderà di fatto sempre più difficile utilizzare i capitali nascosti all’estero, come ha dichiarato venerdì scorso il premier Enrico Letta presentando il nuovo decreto che introduce in Italia la voluntary disclosure, cioè l’autodenuncia degli asset detenuti oltreconfine.
E se gli scudi varati tra il 2001 e il 2010 dall’ex ministro Giulio Tremonti hanno fatto emergere 117 miliardi di euro con una raccolta che aveva premiato soprattutto le private bank svizzere, per questa nuova regolarizzazione, che potrà avvenire fino al 30 settembre 2015 a tassazione piena ma con una riduzione delle sanzioni, gli analisti hanno iniziato a fare delle stime per individuare le società di gestione che potrebbero raccogliere di più. «Il successo dell’operazione dipenderà dall’atteso accordo tra Italia e Svizzera: resta più probabile l’ipotesi che gli asset regolarizzati non verranno rimpatriati fisicamente in Italia.
A questo proposito va puntualizzato che «sono previsti sconti nelle sanzioni amministrative e una modifica delle sanzioni penali prevedendo anche la non punibilità del reato per omessa o infedele dichiarazione», ha spiegato venerdì 24 il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni. Quanto ai punti da chiarire ancora, Stefano Grassi, direttore finanziario di Banca Generali ha detto, a margine di un convegno organizzato a Roma sui vantaggi della voluntary disclosure, che è necessario inserire il reato di autoriciclaggio mentre va precisata meglio la differenza fra dichiarazione infedele e dichiarazione fraudolenta. In ogni caso il rimpatrio dei capitali potrebbe far tornare in Italia entro il 30 settembre 2015 fino a 80 miliardi di euro. «Non è facile una stima perché il provvedimento del governo è più complesso e articolato rispetto al vecchio scudo fiscale, ma stimiamo che potrebbero rientrare in Italia circa 70-80 miliardi, con un beneficio per l’Erario quantificabile in 15 miliardi, cui si aggiunge la riemersione dei capitali e quindi la loro tassazione regolare per gli anni successivi».Gli importi depositati nei paradisi fiscali ammontano a circa 200 miliardi di euro, con la Svizzera che fa la parte del leone con 140-160 miliardi. (riproduzione riservata)