di Luca Gualtieri

Il Monte dei Paschi non sarà commissariato. La Banca d’Italia ha alzato una diga in difesa dell’istituto senese, dopo lo scandalo sui derivati deflagrato la scorsa settimana.

Ieri fonti di via Nazionale hanno ribadito che non vi sarà alcuna procedura di amministrazione straordinaria, dopo che a Davos lo stesso governatore Ignazio Visco aveva già escluso «azioni immediate». Il messaggio si è posto sulla stessa lunghezza d’onda di quello lanciato nel pomeriggio dal presidente Alessandro Profumo a margine di un convegno: «Credo che la banca non vada commissariata e non verrà commissariata». Parole che non sarebbero state così nette, se Profumo non contasse sull’appoggio di Bankitalia. Già mercoledì 23 Via Nazionale aveva espresso fiducia nei nuovi vertici del Monte, sottolineando in una lettera che «gli amministratori stanno cooperando con l’autorità giudiziaria e con la Banca d’Italia per accertare le passate circostanze». Va detto che, in base alla normativa del Testo unico bancario, una banca può essere commissariata solo per gravi perdite del patrimonio o gravi irregolarità nell’amministrazione. Anche se per il momento non si conosce l’entità delle perdite riportate sui derivati Santorini, Alexandria e Nota Italia (prime stime parlano di circa 720 milioni), il management confida che i 3,9 miliardi di Monti bond possano allineare il patrimonio ai parametri Eba.

Sempre ieri peraltro il cauto ottimismo di Profumo si è sposato con quello dell’amministratore delegato Fabrizio Viola che a Porta a Porta ha ribadito: «Mps non è in ginocchio.

Vista dalla parte dei correntisti e degli obbligazionisti la situazione della banca è sotto controllo, non ci sono criticità». La prudente fiducia del management ha in parte rassicurato anche Piazza Affari, dove ieri il titolo Mps ha guadagnato lo 0,65% a 0,26 euro dopo una partenza a razzo. Gli scambi sono stati come sempre vorticosi: sono passate di mano oltre un miliardo di azioni, pari all’8,7% del capitale.

È indubbio, insomma, che la bufera dei derivati stia paradossalmente rafforzando i vertici della banca, facendone dei veri e propri proconsoli di Bankitalia agli occhi del mercato. Non solo. La mannaia calata sul sistema Siena ha indebolito ulteriormente la Fondazione, oggi azionista di maggioranza relativa della banca al 34,9%. Anche se l’ipotesi di un commissariamento dell’Ente è remota, la sua influenza sugli assetti di governo della Rocca ne esce indubbiamente ridimensionata dallo scandalo. A tutto vantaggio di Viola e di Profumo.

 

Se gli investitori sembrano dar credito alle parole del top management, vige comunque la massima cautela sul lavoro investigativo della Procura di Siena. Due i filoni di indagine aperti: il primo riguarda l’acquisizione di Antonveneta dal Santander, un’operazione dall’importo mostruoso di oltre 10 miliardi e fatta per giunta senza due diligence; il secondo filone si focalizza sulle operazioni finanziarie poste in essere da ex dirigenti del Monte per finanziare l’operazione. In questo secondo filone rientrerebbero i prodotti Alexandria e Santorini e alcune retrocessioni o premi destinati a manager della banca. Ma l’obiettivo finale di questo complesso lavoro investigativo sembra essere una presunta tangente miliardaria distribuita tra manager e politici. Per il momento non vi sarebbero ancora evidenze concrete di questa mazzetta, ma l’attenzione dei magistrati si sta concentrando su otto bonifici per un totale di oltre 17 miliardi usciti dalle casse del Monte in 11 mesi e diretti ad Amsterdam, Madrid e Londra. Dal documento agli atti dell’inchiesta emerge che il primo bonifico, da 9 miliardi e 267 milioni (dunque più del prezzo pattuito di 9 miliardi e 230 milioni), venne effettuato il 30 maggio 2008 a favore di Abn Amro Bank con sede ad Amsterdam, nominata (si legge nel documento informativo relativo all’acquisizione di Antonveneta inviato da Mps alla Consob) dal Banco Santander «soggetto venditore titolare di diritti e obblighi derivanti dall’accordo». Il secondo bonifico parte lo stesso giorno ed è destinato al Banco Santander di Madrid, per un importo complessivo di 2,5 miliardi. Il 31 marzo 2009 partono altri due bonifici, uno da un miliardo e mezzo e l’altro da 67 milioni, entrambi a favore del Banco Santander di Madrid. I restanti quattro bonifici vengono disposti da Mps il mese successivo, il 30 aprile. I primi due, ancora una volta, sono a favore del Banco Santander e riportano uno l’importo di un miliardo e l’altro di 49 milioni; gli ultimi due, da 2,5 miliardi e da 123,3 milioni, sono a favore di Abbey National Treasury Service Plc di Londra.

Ieri Viola ha ammesso di non avere evidenze di casi di corruzione nell’ambito dell’acquisto di Antonveneta. Il banchiere ha anche aggiunto che le operazioni di finanza strutturata, come Alexandria e Santorini, «non sono collegate con l’acquisto della banca veneta». Eppure secondo ricostruzioni attendibili, tali strumenti sarebbero stati confezionati proprio per ripagare indirettamente quell’acquisizione. Alexandria, in particolare, sarebbe stata creata per recuperare le risorse finanziarie necessarie a pagare le cedole sul Fresh, un bond emesso nel 2008 dopo il blitz su Antonveneta e rivolto a investitori istituzionali in prevalenza esteri. Il quadro insomma presenta ancora molte zone grigie e le autorità di vigilanza intendono far luce quanto prima sugli aspetti meno chiari. Ad esempio Consob ha convocato per i prossimi giorni i vertici del Monte per fare chiarezza sulle operazioni in derivati emerse nei giorni scorsi. Davanti alla commissione presieduta da Giuseppe Vegas compariranno Viola, il collegio sindacale e i revisori della banca. Nelle scorse settimane particolare attenzione è andata anche al corso del titolo Mps che, dall’inizio dell’anno, ha viaggiato sulle montagne russe tra forti rialzi e pesanti ricadute. Questa performance è stata oggetto di un attento monitoraggio e l’incontro con i vertici della banca potrebbe essere occasione per ulteriori chiarimenti. Anche la Ue è in allerta. Il portavoce del commissario Ue al Mercato interno e ai servizi finanziari, Michel Barnier, ha dichiarato che «spetta alle autorità italiane chiarire come la situazione ha funzionato in passato e cosa è successo esattamente».

 

In ambienti finanziari tiene banco anche un certo scetticismo sulla capacità di Mps di rimborsare i Monti bond entro tempi brevi. Se i vertici della banca continuano a ribadire che la generazione di capitale, abbinata alla riduzione ulteriore dello spread, sarà sufficiente a ripagare gli aiuti di Stato da 3,9 miliardi, il mercato dal canto suo resta dubbioso. Secondo gli esperti di Banca Imi, le affermazioni di Profumo in merito alla capacità della banca di rimborsare i bond attraverso la generazione interna di capitale sono «piuttosto ottimistiche» visto che gli utili saranno assorbiti dal pagamento degli interessi sui Monti bond, pari a 329 milioni nel 2013 e 388 milioni nel 2014. (riproduzione riservata)