Con la sentenza n. 4324 depositata il 29 gennaio 2013, la Corte di cassazione ha confermato, ai soli fini civili, la decisione con cui i giudici di merito avevano ritenuto responsabili per aggiotaggio alcuni ex amministratori di Unipol e del gruppo stesso ai sensi del decreto legislativo n. 231/01 sulla responsabilità amministrativa dell’ente. Nonostante in sede penale il reato si fosse prescritto, agli effetti civili la responsabilità delle persone e del gruppo coinvolti andava riconfermata.
Secondo i giudici di legittimità “ai fini di detta responsabilità è sufficiente che il soggetto autore del reato abbia agito per un interesse non esclusivamente proprio o di terzi, ma anche per un interesse riconducibile alla società della quale lo stesso è esponente”.
E, al contrario di quanto sostenuto dal gruppo, “siffatto titolo di responsabilità è individuabile anche all’interno di un gruppo di società; potendo la società capogruppo rispondere per il reato commesso nell’ambito dell’attività di una società controllata laddove il soggetto agente abbia perseguito anche un interesse riconducibile alla prima”.
La vicenda riguardava un’operazione di rastrellamento di azioni privilegiate posto in essere nel 2003 e finalizzato al conseguimento di un profitto illecito per 409mila euro.