Negli ultimi dieci anni i collaboratori domestici di tutto il mondo sono aumentati di oltre 19 milioni. Oggi sono almeno 52 milioni, di cui l’83% donne, ma solo un lavoratore su dieci vede riconosciuti i propri diritti dalle leggi del paese in cui vive. E’ quanto afferma l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) nel suo primo rapporto sul tema presentato ieri.
Restano nel “sommerso” circa 7,5 mln di minori. “Tra la metà degli anni 1990 e il 2010 c’è stato un aumento di oltre 19 milioni di lavoratori domestici in tutto il mondo – spiega il documento – Molti migrano verso altri paesi in cerca di occupazione, ma è probabile che i dati sottovalutino l’entità reale del fenomeno, che in realtà potrebbe contare decine di milioni di persone in più”. Tra i dati dello studio mancano, infatti, i minori di età inferiore ai 15 anni che svolgono questa mansione: una presenza stimata dall’Ilo in circa a 7,4 milioni di giovani, solo nel 2008.
Salari minimi e nessuna limitazioni degli orari di lavoro. Nonostante le dimensioni del settore, però, l’Ilo denuncia le cattive condizioni di lavoro e l’insufficiente tutela giuridica. Secondo il rapporto, infatti, solo il 10% della categoria è coperto dalla legislazione generale del lavoro nella stessa misura delle altre professioni. Più di un quarto è completamente escluso dal diritto nazionale del lavoro, mentre oltre la metà non ha alcuna limitazione del proprio orario settimanale e circa il 45% per non ha diritto a periodi di riposo settimanale e alle ferie retribuite. Poco più della metà, infine, ha diritto a un salario minimo equivalente a quella di altri lavoratori, mentre più di un terzo delle donne non ha alcuna protezione della maternità.
Una categoria senza diritti e, per questo, più vulnerabile. “Spesso sono costretti a lavorare di più rispetto agli altri e in molti paesi non hanno gli stessi diritti – spiega Sandra Polaski, direttore generale delegato dell’Ilo – Questo deficit, la dipendenza estrema dal datore di lavoro e l’isolamento dovuto alla natura stessa del loro incarico può renderli vulnerabili allo sfruttamento e agli abusi”.
Particolarmente a rischio i migranti. In questo contesto di per sé problematico spiccano, in particolare, le conduzioni negative che caratterizzano i domestici migranti. Il loro status giuridico precario e la mancata conoscenza della lingua locale e delle leggi li rende, infatti, ancora più “deboli”. “Le notevoli differenze tra salari e le condizioni di lavoro rispetto a qualsiasi altro professionista nello stesso paese – spiega Polaski – sottolineano la necessità di un’azione a livello nazionale da parte dei governi e delle parti sociali per migliorare la vita di questi individui vulnerabili”
Nuovi standard internazionali per garantire più dignità professionale. I dati diffusi dall’Ilo sono i primi dopo l’adozione, nel giugno 2011, della nuova Convenzione Ilo e delle Raccomandazioni sul lavoro domestico e saranno un punto di riferimento per l’evoluzione del fenomeno. I nuovi standard internazionali, infatti, mirano a garantire condizioni e retribuzioni dignitose per i lavoratori domestici in tutto il mondo. Attualmente, però, la Convenzione è stata ratificata soltanto in tre paesi, altrettanti hanno completato le procedure di ratifica e molti altri hanno avviato le procedure.
Fonte: INAIL