Il sistema sanitario nazionale ha un costo più o meno allineato alla media Ocse, mentre il livello qualitativo è superiore alla media. Non ci sono quindi altissimi livelli di spreco, ma in prospettiva c’è un ‘gravissimo problema di sostenibilità finanziaria’ cui si somma un crescente problema di accesso alle prestazioni. Per questo “un sistema integrativo è assolutamente necessario per garantire l’equità e l’universalità dell’accesso alla sanità pubblica”.

E’ quanto ha detto il direttore generale dell’Ania, Dario Focarelli, in un’audizione davanti alle commissioni Bilancio e Affari sociali della Camera.

Per quanto riguarda i costi, ha sottolineato Focarelli, “tutte le previsioni indicano un fortissimo aumento del finanziamento alla sanità pubblica”.

Secondo la Ragioneria generale dello Stato nel 2060 ci sarà un aumento di almeno 2 o 3 punti di Pil e di 1,5-2 punti per le non autosufficienze. La stime Ocse collocano questi dati nella parte bassa della forchetta, con la parte alta che arriva a otto punti in più.

Al gravissimo problema di sostenibilità finanziaria si aggiunge il crescente fenomeno del mancato accesso alle prestazioni. Sempre secondo l’Ocse, ha ricordato il Dg Ania, nel 2010 il 10-12% delle persone a più basso reddito ha denunciato un mancato accesso, che sale al 20% per le cure dentali, i livelli più alti nel confronto con i grandi Paesi.

“E questo – ha sottolineato Focarelli – prima della forte stretta; dopo, tutte le informazioni indicano che il razionamento è aumentato”: una ricerca Censis stima che nel 2012 il fenomeno ha riguardato nove milioni di famiglie.

Inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 2014 è prevista l’introduzione di ulteriori misure di compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria. In concreto, la norma comporta un ulteriore aggravio di 2 miliardi di euro, che saranno peraltro a carico di chi ha la sfortuna di ammalarsi.

Secondo l’ANIA è quanto mai necessario un confronto tra i vari settori della società coinvolti sul tema per avviare un processo di riforma del sistema che lo riporti su una traiettoria di sviluppo sostenibile, preservandone le caratteristiche di universalità e solidarietà.

Per l’ANIA è questo il momento di una riflessione profonda sul ruolo e gli ambiti di operatività dei due pilastri di finanziamento – pubblico e privato – del nostro sistema sanitario, al fine di garantire una migliore copertura dei bisogni dei cittadini, a costi più contenuti.

“Nella nostra visione ciò è possibile attraverso lo sviluppo di un sistema di sanità integrativa, che permetta il mantenimento della copertura universale del sistema sanitario, la tutela delle fasce deboli della popolazione e, quindi, la progressività del costo per la sanità e la protezione dei malati cronici”.

Secondo l’ANIA è necessario che il processo di riforma si sviluppi lungo due direttive:

1. la promozione di un ampio pilastro privato di previdenza sanitaria integrativa;

2. la creazione di condizioni che consentano di limitare il fenomeno della cosiddetta malpractice medica permettendo un funzionamento finanziariamente sostenibile delle coperture della responsabilità civile nel settore sanitario.

“In merito al primo punto, il ruolo che il settore assicurativo svolge e può svolgere è importante. Consentendo agli assicurati di far fronte ai propri bisogni di servizi sanitari trasferendo la loro componente di rischio su un soggetto terzo – l’impresa di assicurazione – la copertura sanitaria protegge da eventi potenzialmente catastrofici dal punto di vista finanziario, che andrebbero a sommarsi a quelli legati al

peggioramento dello stato di salute”.

Attualmente le imprese di assicurazione coprono direttamente circa 1,5 milioni di assicurati attraverso polizze individuali e, indirettamente, buona parte degli aderenti ai fondi sanitari integrativi attraverso polizze collettive, gestendo annualmente milioni di richieste di risarcimento. Inoltre, le imprese di assicurazione stringono convenzioni con centinaia di provider di servizi sanitari, con effetti complessivi di diminuzione dei costi e di spinta al miglioramento della qualità dei servizi.

Riguardo al secondo punto, la mitigazione del fenomeno della cosiddetta malpractice medica potrebbe essere considerato indiretto, ma certamente non di second’ordine. Ci sarebbero dei risparmi sia sui costi diretti, rappresentati dai costi assicurativi e da quelli afferenti ai risarcimenti per quelle strutture sanitarie che ricorrono all’autoassicurazione, sia su quelli indiretti, rappresentati dalla cosiddetta medicina difensiva, ossia quelle prestazioni prescritte da medici e strutture per premunirsi da eventuali richieste di risarcimento danni.

Secondo recenti stime elaborate dal CERGAS –Università Bocconi, il costo complessivo della medicina difensiva raggiungerebbe circa il 10%, ovvero circa 13 miliardi, della spesa sanitaria complessiva.